Marcello Mastroianni

Marcello Mastroianni

Chi era: celebre attore italiano, molto apprezzato anche all’estero. Nato a: Fontana Liri, il 28 Settembre 1924

Fino all’età di nove anni vive a Torino con la famiglia, Ottone e Ida Irolle, per poi trasferirsi a Roma dove nel 1943 consegue di diploma di perito edile. Sin da piccolo Marcello ebbe la possibilità di fare comparse in alcuni film importanti come “La corona di ferro” (1941), di Blasetti e “I bambini ci guardan” (1942), di De Sica. Contemporaneamente lavora come disegnatore presso il Comune di Roma e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio. Subito dopo la fine della guerra si iscrive al Centro Universitario Teatrale, non tarda ad essere notato per il suo talento e ottiene una prima affermazione in teatro con una serie di spettacoli andati in scena tra il 1948 e il 1956, sotto la guida di Luchino Visconti: “Oreste“, “Troilo e Cressida“, “Morte di un commesso viaggiatore“, “Un tram che si chiama desiderio“, “La Locandiera”, “Le tre sorelle” e “Zio Vania“.

Nel 1950 sposa l’attrice Flora Carabella che lo rende padre della sua prima figlia, Barbara. Se il loro è apparso agli amici un fidanzamento lampo, il matrimonio sarà uno di quelli destinati a durare per sempre. Proprio lui non vorrà mai divorziare, nonostante abbia avuto grandi amori con bellissime attrici come Faye Dunway e Catherine Deneuve, dalla quale avrà un’altra figlia, Chiara, nata nel 1972. Nel frattempo diviene una celebrità cinematografica con una serie di fortunate apparizioni sullo schermo. Il film che rivelò alla critica e al pubblico il suo talento fu “Le ragazze di Piazza di Spagna” (1952), di Luciano Emmer. Ottiene grande successo con la partecipazione al film “I soliti ignoti” (1958), di Mario Monicelli, nei panni del fotografo Tiberio.

La vera consacrazione la ottiene però nel ruolo di Marcello Rubini, il cinico giornalista privo di carattere de “La dolce vita” (1960), capolavoro di Federico Fellini. Diretto dal regista riminese Mastroianni si rende conto di possedere innegabili doti interpretative e con La dolce vita fa un deciso salto qualitativo: ripudia il cliché del ragazzone sprovveduto e romantico, personaggio che aveva interpretato sino ad allora, per impegnarsi in una ricerca che tende ad esprimere, talvolta con il difficile strumento dell’autoirrisione, le inquietudini, le incertezze, le insoddisfazioni e le alienazioni dell’uomo contemporaneo svariando dal drammatico, al satirico e al grottesco.

A partire da questo film la maggior parte delle sue interpretazioni più significative sono il frutto di un accurato studio di composizione in varie chiavi: il patetico grande amatore imponente de “Il bell’Antonio” (1960) di Mauro Bolognini, al quale può ricongiungersi per certi aspetti il galante e spaesato Andrea di “Casanova ’70” (1965) di Mario Monicelli; l’astuto e maniacale barone Fefé Cefalù di “Divorzio all’italiana” (1961) di Pietro Germi; il goffo e scombinato rivoluzionario Sinigaglia de “I compagni” (1963) di Monicelli; Guido, il regista in crisi di “Otto e mezzo” (1963) di Fellini. Anche negli anni ’70, egli fu l’interprete più amato dagli autori del cinema italiano. Lo ricordiamo come il folle muratore di “Dramma della gelosia – tutti i particolari in cronaca” (1970) di Ettore Scola; “Il traditore” Imbriani di Allonsanfan (1973) di Paolo e Vittorio Taviani; lo sfuggente don Gaetano di Todo modo (1976) di Elio Petri; il tormentato antifascista omosessuale di “Una giornata particolare” (1977) di Scola; i personaggi dei film di Marco Ferreri, nel cui acre e corrosivo umorismo si muove a suo agio, “La cagna” (1972), “La grande abbuffata” (1973), “Touche pas à la femme blanche” (Non toccare la donna bianca, 1974) e “Ciao maschio” (1978).

Nel 1966 veste gli abiti di Rodolfo Valentino nella commedia musicale “Ciao Rudy“, di Garinei e Giovannini. Lavora con partners bellissime, italiane e straniere, ma solo con Sophia Loren, con la quale gira dodici film, si crea un’intesa davvero unica. Quarant’anni insieme: da “Peccato che sia una canaglia” (1954) a “Prêt-a-porter” (1994). In mezzo, i film di Vittorio De Sica con cui la coppia ha conquistato le platee cinematografiche di tutto il mondo (Ieri, oggi e domani, 1963; Matrimonio all’italiana, 1964; I girasoli, 1970). Nel 1988 la città di Arpino viene scelta per girare il film “Splendor” di Ettore Scola, ove affianco a Marcello Mastroianni (a lui si deve la scelta di Arpino, che amava perchè città natale della sua famiglia), figurano artisti di fama internazionale e di indiscutibile bravura come Massimo Troisi, Marina Vlady, Paolo Panelli, Pamela Villoresi e Giacomo Piperno. Ritorna in teatro, per l’ultima volta, con “Le ultime lune” di Furio Bordon, una commovente e amara considerazione sulla vecchiaia.

Muore a Parigi, dopo una lunga malattia, il 19 dicembre 1996. Anna Maria Tatò, la compagna degli ultimi anni, realizza nel 1997 un film, Mi ricordo, sì, io mi ricordo, in cui lui stesso fece una lunga autoconfessione, da molti considerata il suo testamento spirituale. Naturalezza, ironia e senso della misura sono le inossidabili armi di Marcello Mastroianni.

Monumenti e testimonianze: Fontana Liri: Casa natale.

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