Area Archeologica Aquinum

Area Archeologica Aquinum Castrocielo

L'Area Archeologica Aquinum al centro della Valle del Liri, ai piedi del gruppo montuoso dominato dal Monte Cairo, sorge l’antica città di Aquinum, colonia romana ai tempi di Ottaviano, Marcantonio e Lepido.

L’area urbana di Aquinum è stata oggetto di indagini archeologiche da parte dell’Università del Salento nell’ambito del progetto “Ager Aquinas”. A partire da questo, dal 2009 sono state condotte diverse campagne di scavo archeologico che hanno portato alla ricostruzione dell’impianto urbano dell’antica città romana. L’area di scavo, di proprietà del Comune di Castrocielo, è disposta su una superficie pianeggiante di quasi 8 ettari. L’interesse delle ricerche si è concentrato soprattutto in un settore centrale della città, che fino a quel momento non aveva restituito elementi utili per il riconoscimento dei monumenti e la definizione degli spazi urbani.

 

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La peculiarità di Aquinum sta nel suo sistema difensivo complesso, costituito da difese naturali ed artificiali combinate che hanno determinato la particolare forma della città e la viabilità urbana. Testimoni dell’antica grandezza di Aquinum sono i cospicui resti monumentali dell’area urbana, venuti alla luce anche con gli ultimi scavi.

È la porta occidentale di Aquinum, di cui restano solo i filari inferiori ed alcuni blocchi alla base, mentre cospicui resti crollati giacciono intorno al rudere.

La porta era costruita con blocchi di travertino locale messi in opera senza calce e vincolati tra loro da un sistema di imperniatura. Datata all’età augustea, la porta, sotto cui passava la Via Latina, probabilmente era ad un solo fornice e caratterizzata da una copertura a botte. L’unica notizia sull’apparato decorativo riguarda un blocco della porta, decorato con brucani (crani bovini) e ghirlande a rilievo.

La Torre, collocata nell’estremo settore occidentale dell’area urbana a pochi metri dalla Via Latina e dalla Porta Romana, è databile tra la fine del IV ed il III secolo a.C. Si tratta di una delle torri che costituivano il sistema di difesa della città su questo lato. Il monumento è costruito in grossi blocchi di travertino messi in opera senza malta. La tecnica edilizia è l’opera poligonale, ma è evidente l’utilizzo anche dell’opera quadrata. Non rare sono le inzeppature di pietrame, probabili scaglie di scarto della lavorazione dei blocchi stessi, a colmare gli spazi tra i singoli conci. La superficie esterna è irregolare, mentre la pianta della struttura è di forma quasi quadrata (misura 6,40x6,80 m), con un elevato massimo di 2,80 m.

Il Tempio Maggiore di Aquinum, noto anche come Capitolium, era probabilmente l’edificio più imponente della città, la cui struttura si innesta su una preesistenza culturale di epoca preromana. Del grande tempio restano solo il muro di fondo ed un breve tratto del muro laterale, in opus quadratum, con grossi blocchi di travertino. Il tempio poggia su un podio parzialmente interrato alto 2,40 m. La parte sommitale del muro di fondo è coronata da un fregio dorico a metope lisce e triglifi ancora visibile. Conservata è anche la cornice e un filare del timpano. Il muro orientale del tempio è assai più frammentario e completamente mancante è la pavimentazione, spogliata a più riprese nei secoli passati. Sul muro di fondo della parte Ovest sono visibili resti di un affresco, sicuramente post-romani e riferibili al medioevo: ciò fa ipotizzare una riconversione della struttura templare di età romana in chiesa cristiana durante il medioevo. Diverse sono le ipotesi circa la divinità o le divinità a cui il tempio era dedicato. Una tradizione vuole che fosse dedicato a Cerere Elvina, mentre recentemente la questione è stata ripresa proponendo un’attribuzione del tutto diversa, quella a Iuno Pupluna o Iuno Regina Populonia.

L’edificio, posto in un settore centrale della città romana, possiede una struttura costruita in grossi blocchi di travertino squadrati e messi in opera senza malta, di cui si conserva solamente un abside semicircolare e brevi lacerti delle ammorsature dei muri laterali. Conservata è anche parte della decorazione del podio. Alle spalle dell’abside fu eseguito uno scavo che portò alla luce un pavimento in basoli che oggi possiamo riferire con certezza ad uno dei decumani della città. Le campagne di scavo hanno poi rilevato la presenza dei resti di pareti laterali, caratterizzate da due coppie di muri paralleli tra loro. Non conosciamo ancora la datazione del monumento, variamente collocato nel II sec. a.C., nell’età augustea, o più genericamente nella seconda metà del I sec. a.C. Riguardo la funzione dell’edificio, mancano al momento argomenti decisivi per un’identificazione certa, tuttavia i nuovi elementi planimetrici acquisiti portano ad attribuire i resti dell’edificio absidato ad una basilica o ad un Augusteum. Di estremo interesse sono infine i dati emersi dal settore ed est del monumento: gli scavi, infatti, hanno portato alla luce una grande platea in cocciopesto a sud del decumano che corre a nord dell’edificio che si ritiene possa trattarsi del foro cittadino.

Lungo la Via Latina sono visibili i resti del Teatro: i muri sono in cementizio e i paramenti murari sono caratterizzati da un’opera reticolata con cubilia in travertino locale. Del teatro molti sono gli elementi architettonici mancanti, rendendo complicato avanzare proposte ricostruttive solide. Il primo vero intervento di scavo archeologico si deve alla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale, che ha realizzato due interventi in corrispondenza dell’asse minore della cavea e in prosecuzione del primo setto verso l’orchestra. Con le indagini del 2015 si è provveduto ad una prima pulizia del monumento e allo scavo preliminare di alcuni setti radiali conservati. Inoltre sono stati portati alla luce non solo svariati elementi architettonici relativi all’apparato decorativo, ma anche i resti della volta a botte che sorreggevano il soprastante ordine di gradinate

Sito nel settore sud-occidentale della città, l’Anfiteatro, di cui sono visibili solo pochi resti, è stato gravemente danneggiato durante la realizzazione dell’Autostrada del Sole tra il 1960 e il 1961. Durante i lavori di ampliamento della terza corsi, tra il 1985 e 1986, sono venuti alla luce due grandi dolia globulari, attualmente conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Cassino. Nonostante le varie campagne di scavi, sono ancora troppo pochi, a parte la tecnica muraria in opus reticulatum e ricorsi di laterizi con ammorsature in blocchetti di travertino, gli elementi utili per avanzare una cronologia definitiva, spesso riferita alla metà del I sec. d.C. Il rilievo della struttura ha permesso comunque di osservare alcuni particolare, come la presenza di due corridoi anulari fra i setti radiali e l’area dell’arena.

Uno dei monumenti meglio conservati di Aquinum è la Porta Capuana, detta anche Porta San Lorenzo, che si colloca nel settore orientale dell’area urbana della città romana e sotto cui passa l’antica Via Latina. Il monumento deve il suo nome alla presenza di una chiesa medievale dedicata a San Lorenzo addossata alla porta stessa, oggi scomparsa. La Porta, conservata quasi per intero, è in opera quadrata, costruita in blocchi di travertino locale. La pianta è rettangolare e gli archi di ingresso sono a tutto sesto e con una sola ghiera di conci. Le facciate del monumento sono lisce, ad eccezione di quella occidentale, che invece presenta due nicchie rettangolari ai lati del fornice, che dovevano ospitare degli elementi decorativi. Internamente il cavedio della struttura presenta quattro pilastri angolari, che vanno a formare un vano quadrangolare e sono sormontati da mensole/capitello dal profilo rettilineo. La datazione del monumento, che la maggior parte degli studi colloca nell’età romana, dal II sec. a.C. al III sec. a.C., è stata rimessa in discussione: infatti gli aspetti stilistici ed architettonici e le osservazioni di tipo storico porterebbero a datare il monumento verso il XIII secolo, verosimilmente in un contesto cronologico e costruttivo svevo-federiciano.

Nel suburbio orientale di Aquinum si trova l’arco onorario “di Marcantonio”, attribuzione che trae le sue origini da un passo delle filippiche ciceroniane. Esso costituisce uno dei più antichi esempi di arco onorario noti in Italia ed è costruito in blocchi di travertino locale. Il fornice, a tutto sesto, presenta un intradosso completamente liscio e i piedritti hanno tutti gli spigoli esterni ornati da quattro coppie di semicolonne binate, sormontate da capitelli ionici. L’arco manca sia della trabeazione che dell'attico superiore, nonché della parte inferiore del capitello di destra sul lato orientale. La parte inferiore del monumento non è visibile, poiché parzialmente sommersa dal corso delle Forme di Aquino che passano sotto la struttura. Le linee sobrie, i particolari della decorazione architettonica ed i dettagli formali dei capitelli pongono la costruzione del monumento intorno agli anni 41-40 a.C.

All’interno dell’Area Archeologica sono state riportate alla luce strutture murarie di diversi ambienti riconducibili alle Terme Centrali. L’imponente complesso termale, di tipo “pompeiano”, si colloca cronologicamente nel I sec. a.C., mentre intorno al II sec. d.C. alcune parti del monumento subirono delle modifiche. Nel corso del IV secolo d.C., persa la sua funzionalità, l’edificio appare interessato da un’intensa attività di spoliazione soprattutto dei marmi e delle condutture in piombo. Posteriore al disfacimento parziale delle murature è poi l’utilizzo dell’area come luogo di sepoltura databile tra V e VII sec. d.C., forse in connessione con l’arrivo dei Longobardi ad Aquinum. Fino ad oggi sono stati scavati circa sessanta ambienti, distribuiti su una superficie di oltre 6.000 mq, che rappresentano tuttavia solo una parte dell’intero monumento. Sono stati individuati tre ingressi al complesso termale e due grandi frigidaria, che lasciano ipotizzare un utilizzo simultaneo della struttura da parte di uomini e donne. Sono state poi portate alla luce due vasche quadrangolari per bagni in acqua fredda. La vasca Sud conserva ancora gran parte delle lastre marmoree che ne costituivano il rivestimento e ha restituito numerosi intonaci dipinti oltre ad una testa in marmo raffigurante un Ercole barbato con leontè. Dal frigidarium si accedeva al settore con gli ambienti riscaldati, caratterizzati da un pavimento sospeso di cui restano solo tracce. Gli scavi hanno poi portato alla luce il tepidarium e diversi ambienti, tra cui diversi caldaria, una piscina, la latrina delle terme e degli splendidi mosaici.

Testi tratti dal sito www.visitcastrocielo.it

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