Fiume Melfa

Nella verdissima Valle di Canneto, luogo ameno e centro di culto cristiano nel parco nazionale d’Abruzzo-Lazio-Molise, nasce uno dei fiumi più belli del centro Italia. Qui dalla roccia del Monte Petroso, sgorgano le acque gelide e limpide del Fiume Melfa.
Affluente di sinistra del Liri, in cui si getta dopo un percorso di circa 40 km, il fiume Melfa presso Picinisco, sgorga da un'alta roccia calcarea nella Valle di Canneto, a m 1020 s.l.m., nel versante laziale del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sotto il Massiccio del Meta, in territorio di Settefrati. La sorgente è legata a leggende e devozioni popolari fin dall'antichità. Dopo una serie di balzi e cascatelle, percorre la Valle di Comino (Picinisco, Atina – dove riceve da sinistra le acque del rio Mollarino – Casalattico e Casalvieri). Dopo Casalvieri scorre per 15 km in una profonda gola scavata nelle propaggini del Monte Cairo, alla fine della quale raggiunge la valle del fiume Liri, in cui si getta nei pressi di Roccasecca.

Il Melfa (la Melfa al femminile nella parlata popolare della Valle di Comino) è ricordato da Strabone (Geografia, V,3,9) che lo definisce “grande fiume” vicino alla grande città di Aquino. L'origine del nome non è chiara. Alcuni lo hanno collegato a Mefiti, divinità italica pagana, dea degli uomini, pastori ed agricoltori e guerrieri, venerata prima dell’avvento del Cristianesimo nella valle, il cui culto è spesso associato a luoghi con acque fluviali o lacustri, in qualche caso sulfuree. Questa ipotesi è stata rafforzata dal fatto che nei pressi del Santuario di Canneto, in località Capo d’acqua, esattamente sotto la sorgente nel 1958 furono rinvenuti i resti di un tempio dedicato a Mefiti; tuttavia questo legame sembra insostenibile dal punto di vista della linguistica storica.

Esistono peraltro altre attestazioni toponomastiche riconducibili alla stessa radice, come la località Melfi a Pontecorvo, sede di un antico luogo di culto dedicato a San Giovanni Battista, curiosamente in prossimità del Liri; e poi le città di Melfi e Molfetta (anticamente Melficta), o il Melpum centro della pianura padana, e forse anche Amalfi; in Lucania troviamo pure l'idronimo Melpes. Come origine è stato ipotizzato un tema non indoeuropeo *melp/melf e *malp/malf, con il passaggio da p a f che si riscontra anche nell'etrusco. Il significato probabile è quello di sinus, ossia concavità, voragine della terra.

Capo d’acqua è in realtà una delle tante sorgenti del Melfa, che in passato formava sotto la chiesa un immenso lago, oggi in parte risorto grazie all’intervento del Parco. In passato, ricordano gli anziani del luogo e pellegrini, “il santuario giaceva solitario, di pietra levigata costruito, su una terrazza rocciosa e dominante su una conca che raccoglieva le acque dei ruscelli provenienti dall’Acquanera, dal Petroso e dalla Valle del Meta”. E’ lecito quindi pensare che non esista una sola sorgente, ma più sorgenti che unendo le loro acque formassero un lago da cui partisse poi il corso del Melfa. Di quei ricordi la realtà ha difeso solo le fonti dell’Acquanera e di Capo d’Acqua. Queste sono solo alcune delle sorgenti che sgorgano abbondanti in inverno, meno floride d’estate, ma pur sempre ricche di fascino per il contesto ambientale in cui si trovano e che accompagnano gli escursionisti al Monte Meta ed al valico dei Tre Confini. 

Ma negli anni 50, l’esigenza di una costante fornitura idrica ai comuni della bassa Ciociaria e del versante orientale degli Aurunci, portò a realizzare una captazione idrica nei pressi di Capo d’Acqua. Chi ne da notizia ha un nonno che lavorò alla sua realizzazione. Così commenta Armando Giuseppe Moretti: “Nella valle di Canneto prima che iniziassimo i lavori c’era un lago d’acqua… ma non pensavamo di trovarci di fronte ad un lago ancor più vasto nel sottosuolo. Si scendeva attraverso una porta ed una scala per poi prendere ancora un’altra scala che ci portava davanti al centro di raccolta dal Petroso. Un’immensa quantità d’acqua scorreva lì sotto e freddissima come la neve sciolta”. Oggi la sorgente di Capo d’Acqua non rappresenta altro che l’eccesso di acqua che esce dagli sfioratoi della condotta forzata che conduce dapprima ad un ripartitore esattamente sotto la chiesa, per poi distribuirsi con le condutture destinate ai vari paesi, alcuni dei quali anche in provincia di Latina.

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