Torre di Cicerone ad Arpino

La Torre sorge sulla cosiddetta Acropoli di Arpino denominata nel catasto del 1581 Civitas Ciceroniana. Nell’antico borgo circondato dalle mura ciclopiche si riteneva fosse collocata la residenza di proprietà della famiglia dei Tulli di Cicerone, ereditata da Quinto, fratello del grande scrittore. La Torre fu quindi compresa nel borgo ciceroniano e considerata come una parte residuale.  Tuttavia le primi indagini ottocentesche non rivelarono alcuna zona residenziale ma poterono constatare soltanto la sopravvivenza di una toponomastica che individuava un muraglione denominato di Cicero e una via Cicera tramandati dalla tradizione orale. Da quel momento la Torre venne denominata di Cicerone.

La Torre ha una pianta quadrangolare che misura circa 16 metri per lato, rafforzata sul lato sud-orientale da un muro a scarpa e arricchita da un ballatoio esterno che conduce all’ingresso sul piano mediano. Sul profilo esterno dei lati si aprono finestre a feritoia, nella parte inferiore, e aperture quadrangolari di dimensioni maggiori nei piani superiori.
Ampiamente risarcita nel tempo da rifacimenti e interventi conservativi, all’interno è divisa in due piani. L’ingresso dal ballatoio esterno conduce al piano mediano sulla cui sinistra è conservato un ampio elemento architettonico che potrebbe configurarsi come l’architrave di un camino angolare di cui restano a parete tracce della canna fumaria. Nel piano superiore sopravvive ancora l’attacco angolare della volta presumibilmente a crociera.  L’analisi della muratura originaria, la tipologia dei pochi resti dei sistemi di copertura sopravvissuti consente di stabilire l’origine medievale della Torre; la collocazione in prossimità della porta urbica e nell’angolo nord-ovest della cinta muraria di Civitavecchia ne identifica il ruolo centrale nel sistema difensivo.
 
Nel Duecento il territorio arpinate venne coinvolto nelle guerre di conquista degli imperatori svevi. Prima Federico II poi Corrado IV aggredirono la città che nel 1252 fu distrutta e incendiata. I danni seppure dovettero essere molto rilevanti non portarono in realtà alla distruzione di Arpino così come descritta dalla storiografia successiva, tuttavia la città fu molto danneggiata soprattutto nella parte inferiore.
Il successivo periodo angioino inaugurò per Arpino un lungo momento storico positivo. La città assunse subito il ruolo di fondamentale avamposto verso i territori della Chiesa e quindi divenne cardine centrale del sistema difensivo del territorio angioino sulla Valle del Liri e in direzione del versante abruzzese. Un documento del 28 novembre 1269 attesta una richiesta di pagamento di tributi da parte di Carlo I d’Angiò in cui per la prima volta viene ricordato il castrum di Civitavecchia stabilendo l’esistenza di una fortificazione (In Castro Civite Veteris de Arpino) con un castellano (scutifer) e sei inservienti.

La costruzione della Torre, il rinforzo e il rinnovamento del castrum dovettero avvenire in questi primi anni dell’epoca angioina, quando dopo la distruzione della città sul colle inferiore di Falconara si procedette al ritorno della popolazione e alla necessità di nuove e potenti sistemi di difesa che molto probabilmente riguardarono anche il colle di Civitavecchia.

Il borgo di Civitavecchia era tuttavia documentato anche da un atto rogato nell’agosto 1076 che ne accerta l’esistenza in epoca altomedievale, mentre agli inizi del Trecento vengono annoverate le due chiese di San Vito e di San Giovanni. L’analisi della zona circostante la Torre consente di stabilire l’esistenza di un castrum medievale che venne organizzato sfruttando lo spigolo nord-occidentale delle mura ciclopiche, nei pressi della porta urbica ancora oggi conservata. La Torre costituiva il perno del nuovo sistema difensivo che prevedeva un ampio fossato verso il borgo e una recinzione rettilinea posta a rinforzo dell’altura naturale con due torrioni di cui restano corpose tracce in corrispondenza del fossato. Lo sfruttamento delle mura antiche è testimoniato da alcuni brevi tratti rinnovati, riconoscibili dalla diversa tessitura muraria, che dovettero essere inseriti per un probabile crollo del recinto originario.

L’intervento tuttavia più rilevante di epoca medievale fu la chiusura dell’antica porta arcaica a sesto acuto che venne inglobata in un ampio torrione semicircolare di cui si conservano ampi resti. Ritenuta evidentemente poco adatta alle esigenze di difesa dell’epoca venne disattivata e probabilmente si procedette alla apertura della nuova porta urbica posta di fianco alla Torre e in prossimità del castrum che ne provvedeva alla difesa. Poco di fronte la Torre è una cisterna di modeste dimensioni che doveva assicurare la riserva idrica del castrum.

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